Vieni a ballare in Puglia


Saluti a tutti.
Sto seduta al tavolino dei gadget del Museo Archeologico Messapico di Alezio e prendo il vento (di tramontana?) che soffia dal mare. Ho abbastanza sonno e anche un po' di fame, e questo è il mio ultimo giorno nel Salento.

Sbatte una finestra da qualche parte nelle sale e forse dovrei andare a controllare.

Sono stata qui in questo museo per due settimane e mi spiace quasi andarmene. Ho visto i pavimenti pulirsi e sporcarsi, piantine crescere e spostarsi, loghi del museo spuntare sui ventilatori nuovi e lampadine fulminarsi. Ho conosciuto gente che fa due lavori pur di continuare la propria passione per l'archeologia e nuovi amici che mi hanno aiutato e consigliato in tutto, anche sulle cose da mangiare e bere assolutamente.

Ho vissuto in un ostello dove le persone mi guardavano con divertito affetto perché non uscivo sempre ma a volte passavo la serata a leggere libri sui Messapi. Ho bevuto un sacco di vino e un pomeriggio mi sono quasi ubriacata. Mi sono persa in mezzo al Salento e hanno scomodato polizia e ingegneri per venirmi a cercare. Ho ascoltato la pizzica, viaggiato con le ferrovie Sud Est e camminato di notte in mezzo alla campagna. Ho visto denti di chissà quale uomo vissuto non so quanti anni fa e un biberon di chissà quale bambino. Ho ammainato bandiere e camminato sui tetti e ammirato i tramonti più belli che io abbia mai visto. Ho fatto il bagno nel mar Ionio.

Ho visto due signori con un fischietto e un tamburo suonare in giro per le strade la sera in preparazione alla festa della Lizza di Ferragosto e ho visto montare luminarie su almeno tre strade che se voi siete del Nord come me non potete avere idea della roba che sarà. Ho avuto caldo, un sacco di caldo, e anche freddo, un sacco di freddo, per colpa del vento che soffia forte certe sere. Ho avuto paura di uscire, l'angoscia e la voglia di scappare e tornare a casa, e gratitudine per tutte le persone che mi hanno voluto bene a modo loro senza che io dovessi fare nulla. Ho imparato a chiedere senza paura e a fare il pisolino il pomeriggio.

Ho mangiato la frisa, le pittule, il rustico e il calzone fritto, il pasticciotto, la puccia, lo spumone al gelato di mandorla e fichi, e ho bevuto il caffè in ghiaccio con il latte di mandorla, della birra belga buona, il Negramaro e il Primitivo di Manduria. Mi sono innamorata della Chiesa di S. Caterina d'Alessandria a Galatina.

So' cresciuta insomma.

Orecchiette alle cime di rapa (dal libro 1000 Ricette di Puglia, di Lucia Lazari)

Per 4 persone
500g di orecchiette fresche
1kg di cime di rapa
2 alici sotto sale
100g di pangrattato 
2 spicchi d'aglio
Peperoncino tritato a piacere
Olio extravergine di oliva e sale qb

Pulire le cime di rapa: prendere solo le infiorescenze e le foglie più tenere quindi sbollentarle in acqua salata. Sgocciolarle con la schiumarola. Mettere da parte l'acqua di cottura. Fare un soffritto con olio, aglio, alici dissalate a pezzetti. Aggiungere le cime di rapa e lasciar soffriggere per cinque minuti. Cuocere al dente le orecchiette nell'acqua delle rape, scolarle, unirle alle rape soffritte e farle mantecare. Spadellare; spolverare con il pangrattato soffritto in pochissimo olio e insaporire con il peperoncino; servire.

(Le orecchiette che vedete in foto le ho mangiate in una trattoria di Lecce ed erano molto buone)

(La foto dello sfondo invece l'ha fatta la mia amica Chiara ed è l'arco con le sale di un Palazzo di Lecce ch però non abbiamo meglio identificato)

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