Cibo indiano e spossatezza beat


Ed eccoci qui. Ultimi giorni di sessione. Ultimi giorni di tensione. Stamattina ho pianto per lo stress e la fatica e la stanchezza. Solo qualche lacrima. Poi mi sono ripresa. Oggi pomeriggio ha pianto Caterina. Per fortuna che siamo insieme così ci aiutiamo a guardare.

E' veramente un momento provante. E' incredibile come uno si tenda fino all'ultimo in questi giorni. Tutto è più urgente e si è veramente estremisti. O è o non è. Non c'è tempo per le vie di mezzo, qui servono fatti.

Giulia non c'è, in questi giorni. Questo vuole dire che non posso avere il placebo dell'appartamento, arrivi la sera e ci galleggi dentro. No, devo cercare gli amici, accettare chi si offre, o sono sola. Niente cuscinetti in giro su cui collassare.

In appa ci dormo, e gioisco per le ore fresche dell'alba e per il rumore del camion che pulisce via Vetere. Ci faccio la doccia e la colazione con il succo e i pandistelle finti. Mi trucco e cerco un modo per non avere caldo con questi odiosi capelli. Mi vesto. Ci torno la sera e spalanco le finestre sul parco delle Basiliche e i residui di movida che si trascinano fino a qui, aspettando l'aria che entra con le loro risate sguaiate, le gare di rap tra quindicenni, la musica jazz e quel tizio che una sera a mezzanotte si è messo a cantare De Andrè. Entrano dei minuscoli moscerini verdi che si innamorano della lampada e si schiantano contro il suo vetro tin sento che fanno mentre muoiono, tin, tin, tin.

Sul letto di Giulia c'è ancora il piumone. Non so come faccia a dormire con quello. Uno pensa che ci si sdraierà sopra, e invece no, al mattino la trovo sotto. Ma perché? Quando non c'è lo uso come comodino, ci lascio le creme, la maglia del pigiama se fa freddo, Kerouac che sta per andare in Messico con Dean.

Arrivo a casa alle 23.20, perché rimango in biblioteca centrale fino alla chiusura. Sono gli ultimi giorni e lì c'è l'aria condizionata, le ragazze hipster così belle e i ragazzi più brutti e sempre qualche amico che tacitamente mi accoglie senza stare seduti vicini ma sapendo che siamo nella stessa barca nello stesso posto. Oggi ho accompagnato la Zure fino a s Nazaro. Lei andava a cena dal suo moroso e io compravo il cibo dall'indiano, buonissimo cibo di riso e verdure con il peperoncino e dolce pomodoro rosso e spezie sconosciute e felicità. Mi ricorda sere di studio e profumi di giornate che se ne vanno mentre si torna a casa o si va dagli amici, estate, una volta in cui avevo preso tantissima acqua a Porta Venezia e dovuto chiamare l'ambulanza per un ragazzo che si era sentito male, e in metro non sapevamo se ridere o piangere così zuppe e infreddolite, e Giulia mi aveva comprato proprio lo stesso cibo e me lo aveva scaldato mentre facevo la doccia e io l'avevo mangiato con gli occhi stanchi e i capelli bagnati ed era così buono e così confortante.

Shalimar Indian Take Away, Corso di Porta Romana 25, 0258307508

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