Torta di carote e nocciole + una torre grigia e blu



Non so bene cosa dire in questo spazio. Ce ne sarebbero di cose. E' bello e strano osservare la primavera dalla finestra. Forse è perchè sono in una casa non mia che non mi sento davvero in gabbia. C'è un mondo tra le mura di casa, per una come me che ha una vita intrecciata con quella dei libri. Ieri ho letto un romanzo in cui c'è questa piccola monaca vecchietta con una lunga treccia grigia, vestita di nero e con la pelle scura ma gli occhi azzurri, perchè è greca anche se vive a Gerusalemme, e io associo questi colori ai greci - c'è questa vecchietta che vive in un monastero nel centro della città fatto come un'unica solitaria torre di pietra chiara in mezzo ad un giardino ombroso e fresco pieno di alberi da frutto. La stanza è piacevole, di quel freddo che hanno le grandi case d'estate, e blu, con grandi finestre da cui entra il vento, e mobili di ferro battuto e un'insalata di pomodori, cetrioli e formaggio condita con olio e sale da mangiare con la pizza alle olive. Teodora. E anche questo nome è di pietra blu e grigia. Anche se l'autore non racconta una storia magica o fantastica, ma i criteri di verosimiglianza sono tutti rispettati, questo luogo è fatto apposta per evocare una fiaba. Ieri ho incontrato una vecchietta che non riusciva a portare la spesa e mi sono offerta di aiutarla: in un'insolita via Crucis abbiamo percorso le vie che ci separavano da casa sua, lei davanti con il suo andare faticoso e zoppo, io dietro la seguivo composta e mi sentivo un balsamo che mi curava l'anima un po' ferita. Quando siamo arrivati al portone di casa lei non ha fatto cenno di fermarsi e io allora anche io sono entrata: dietro c'era un cortile bellissimo, di quelli che solo Milano ha nascosti e tu non lo sai, ti sembra di essere in un paesino di campagna, con le porte delle case aperte, delle tende per tenere il freddo o il caldo, persone sedute fuori a chiacchierare e i ballatoi - i ballatoi Michi! - con i fiori. Mentre il portone si chiudeva alle mie spalle mi sono chiesta in un attimo di assurdità come avrei fatto poi ad uscire (senza pensare che tutti i portoni hanno un pulsante automatico!) e ho pensato che ci avrei pensato poi. E mentre guardavo ancora la camminata incerta della signora davanti a me io mi sono sentita pervasa lì dal fiabesco di quella torre e di quel libro, e guardavo il mondo intorno con il filtro della letteratura, come un racconto da raccontare. Sembra un'esperienza di straniamento ma è stato come se vedessi la realtà secondo una verità diversa, ma comunque una verità.

La ricetta di oggi viene da Cucina Botanica, l'ho lievemente modificata perchè nella sua versione originale è un po' troppo umida, invece così la trovo perfetta. Servono 180g di carote e 200g di nocciole: nella ricetta originale andrebbero frullate insieme, ma qui non abbiamo un frullatore, perciò abbiamo grattugiato le carote e spezzettato le nocciole con un tritacarne, dopo averle avvolte in un tovagliolo pulito; di necessità virtù, io le ho preferite così. Mescolate queste due cose con 140g di zucchero di canna, 40g di olio di semi, 120g di acqua (ecco, qui ho ridotto un pochino i liquidi) e un pizzico di sale. A questo punto incorporate 150g di farina (quella che preferite, la ricetta originale dice di farro, io l'ho provata anche con la farina 00) e una bustina di lievito per dolci. Amalgamate bene e versate il composto in una teglia con carta forno (la nostra era la pirofila quadrata carina che vedete nella foto) e cuocete a 180° per 40 minuti, facendo sempre la prova stuzzicadenti.

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