Risotto ai porcini e valigette di velluto.

Oggi mentre cercavo un cestino di vimini ho trovato una valigetta. Chiusa. Di velluto verde. Sembra una di quelle valigette in cui si conservano voluminosi libri di fotografie, ma forse solo io ho questo riferimento culturale perché l’album di nozze dei miei genitori è conservato proprio in una valigetta. Questa però non penso contenga una raccolta di foto, è troppo leggera. Le due minuscole chiavi di ottone sono legate al manico con un sottile filo di lana, dello stesso colore del velluto; si sono slegate mentre trasportavo la mia scoperta in sala e hanno tintinnato sul pavimento di marmo. Ma cosa contiene questa valigetta?

C’è un mistero irrisolto in casa mia, sapete? Magari qualcuno di voi già lo sa. Qualche hanno fa , una sera di luglio, sono entrati i ladri. Sono passati dalla finestra della cucina, arrampicandosi sul terrazzo. Hanno staccato i quadri e rovistato negli armadi della camera da letto, ma non hanno preso nulla. C’era il mio portafogli sulla scrivania, con qualche soldo dentro, ma non è stato toccato. Ai carabinieri subito accorsi la mamma dichiarò il furto dei nostri pochi ori, nascosti in un punto segreto che conoscevamo solo noi. Pensai che avesse controllato, ma qualche giorno dopo ci disse che non era vero, era ancora tutto lì, anche se lei aveva pensato di no. Una cosa un po’ bizzarra, ma magari uno è sotto shock e non sa bene quello che fa. La prendemmo molto in giro quella volta, e le chiedemmo se per caso non fosse un’agente segreto in incognito. Ogni tanto ci ripensiamo e fantastichiamo su tutte le opzioni possibili; la mamma nega ma chissà, magari abbiamo ragione noi. Sta di fatto che i ladri non rubarono nulla, toccarono solo pochi punti precisi, con molto ordine, e la misteriosa valigetta non si apre. Potrei continuare ad indagare e scassinare le vecchie serrature, oppure scrivere un giallo.


Intanto, condivido con voi la ricetta di questo meraviglioso risotto ai funghi porcini. Magari abitate in Colombia e non avete questa varietà di funghi – mi spiace; magari invece siete in Italia, ma in zona rossa e senza la fortuna di un bosco vicino in cui passeggiare senza infrangere le leggi – grazie a Dio esistono i fruttivendoli. I miei funghi porcini vengono proprio da un negozio del genere, ma guardate quanto sono belli e terrosi, e vi assicuro che profumano anche moltissimo. Recuperate quindi un po’ di materia prima (diciamo 300g per due) e iniziamo.

La mia ricetta nasce da un mix di letture: in particolare, Ada Boni e Giallozafferano mi hanno insegnato a pulire per bene i porcini. La prima cosa che dovete sapere è che non bisogna assolutamente sciacquare i funghi: sono porosi e, come tali, assorbono prima di tutto la terra che state cercando di togliere, e poi l’acqua stessa, perdendo di sapore. Dovete pulirli con un pennello oppure, come ho fatto io, raschiando i residui terrosi del gambo con un coltello, tagliando via anche la parte finale, molto dura; probabilmente con questo metodo la pellicolina del gambo verrà via, ma non è un problema se rimane sul fungo, purché sia pulita. Dopo il coltello, potete usare un panno lievemente inumidito per eliminare gli ultimi residui dal gambo e per pulire il cappello che, essendo un po’ più delicato, potrebbe vivere male la pulizia da coltello.

Ora che i vostri porcini sono belli puliti, separate con delicatezza il gambo dal cappello e tagliate tutto a tocchetti. Fate rosolare uno spicchio d’aglio in una padella, con due cucchiai d’olio. Aggiungete i funghi e cuocete per dieci minuti circa, a fiamma media. Spegnete, salate con un cucchiaio di salsa di soia*, pepate un poco e mescolate bene e mettete i funghi in un piatto: useremo la stessa padella per cuocere il risotto, così da non sprecare alcun sapore. Fate rosolare mezza cipolla rossa tagliata fine (piccola nota: è stata una scelta di necessità, ma devo dire che è risultata interessante; perciò, considerando anche che questo è il mio personale risotto, ve la consiglio); quando è traslucida, aggiungete il riso (due pugnetti a testa e uno per la pentola), fate tostare, sfumate con mezzo bicchiere di vino bianco e poi cominciate a nutrire i chicchi con del brodo vegetale. Quando il risotto è quasi pronto aggiungete i porcini, e completate la cottura. Spegnete la fiamma, mantecate con una noce di burro di soia e servite con del timo secco, perfetto con i porcini.

* Questa è una grande idea di Cucina Botanica, e la raccomando. 

Ricetta bonus: se vi dovesse avanzare del risotto, il giorno dopo potete fare delle superclassiche crocchette. Al posto dell’uovo, io ho usato una pastella di farina di ceci e acqua, non troppo liquida, in cui ho rotolato le mie palline di risotto, precedentemente schiacciate un pochino con le mani per compattarle; le ho passate nel pangrattato, in cui avevo mescolato un po’ di sale e un po’ di timo, poi di nuovo nella pastella di farina di ceci e le ho fritte in olio di semi finché non sono diventate belle dorate – un paio di minuti circa. Sono delle bombette molto buone, stupende con un po’ di limone spremutoci sopra mente sono ancora calde.

E, sì, quello è il mio pigiama.


Volete leggere dei bei gialli, in attesa del mio?

  • Venere privata, I milanesi ammazzano il sabato e La sabbia non ricorda, tutti e tre di Giorgio Scerbanenco.
  • Milano calibro 9, sempre di Scerbanenco, ma in questo caso si tratta di una raccolta di racconti.
  • Assassinio sull'Orient Express e Dieci piccoli indiani, della maestra Agatha Christie; so bene che sono dei classici, ma li avete letti?
  • Il mastino dei Baskerville, di Sir Arthur Conan Doyle. Scherlock Holmes insomma.
  • La saga Le indagini di fratello Cadfael, di Ellis Peters; in particolare, Il corvo dell'abbazia.
  • Polissena del Porcello, di Bianca Pitzorno; non proprio un giallo, ma bellissimo.
  • Marina di Carlo Ruiz Zafon; anche questo non è propriamente un giallo, ma anche questo è bellissimo, sebbene completamente diverso dal precedente.

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