Usare una foto di pancakes agli spinaci ma parlare di tutt'altro

Vediamo. Trovo ancora difficile fare i conti con il fatto che studiare ora è un lavoro, e come tale ha delle ore in cui va svolto e delle altre in cui no, perché anche il riposo è parte del gioco; lo trovo difficile da una parte perché sono una gran moralizzatrice di me stessa, e questo è male, ma dall'altra  perché studiare è la mia passione, e sono stata sufficientemente fortunata da trovare qualcuno che mi ci facesse campare, quindi non posso lamentarmi troppo di questa mia fatica. Comunque, imparare che "per ogni cosa c'è il suo momento", come dice Qoelet, é un passo fondamentale per una vita felice, quindi mi sono seduta sul divano e mi sono messa a scrivere.

Il divano non é il solito divano, perché sono nella mia piccola, ma non troppo, casa svedese, dove abito da due settimane ad oggi e alla quale sto cominciando ad abituarmi; gli angoli e i rumori cominciano ad essermi familiari e la mia presenza si sta lentamente spandendo su ogni cosa come un sottile strato di polvere, o un profumo mio personale, che piano piano sostituisce quello di chi ci abitava prima e mi fa entrare in armonia con i muri, il legno, i fornelli e i libri. Ogni tanto ancora mi assale l'incredulità di essere  davvero di nuovo ad Uppsala, che non é tutto nei miei sogni o nei miei ricordi; il primo sabato ho vagato per la città quasi alienata, dandomi ogni tanto dei pizzicotti sulle guance e scoppiando a ridacchiare senza motivo riconoscendo un punto noto, o un odore o una sensazione - a mia discolpa vorrei anche sottolineare che non mangiavo dalle 7.30 del mattino, avevo fatto quattro ore di volo ed essere stata chiusa in casa per circa un anno non ha giovato alla mia salute mentale.

Avrei già mille cose da dire e raccontare di queste prime settimane, storie di ansie e di piccoli disastri e di buffi misunderstanding sui giorni della settimana, ma tutto si racchiude nella domanda che mi sto facendo da qualche giorno a questa parte: come cavolo è possibile che io sia così lieta oggi qui, in questo istante di spazio e tempo che mi è donato proprio ora? E voi sapete che "lieta" è la mia parola preferita, significa essere fertili, sentire perciò quella felicità che vi rende un bene per gli altri e per il mondo - altri che per la maggior parte sono lontani da me molti chilometri, e mondo che dovrebbe essermi ostile perché io non parla nemmeno la mia lingua; e invece io mi sento ancora più intrecciata per la vita con chi é lontano e amo tutto questo mondo così bello. Visto che di tempo ce n'é più della vita, e che potrò raccontarvi tutto quello che voglio in un altro momento, vorrei fissare la cosa che più mi fa tenerezza di me in questi giorni, ed è commuovermi come un nostalgico comunista (ciò che io sarò da vecchia, probabilmente) nel ritrovare alcuni odori precisi che per me sono inconfondibilmente Svezia, risentire come una puntura acutissima ciò che provavo allora e vedere che, dopo un anno e mezzo, sono sempre la stessa ma anche irrimediabilmente cresciuta, e non é una questione di età, bensì di esperienza; farò ora un breve elenco di questi odori, così anche voi possiate riconoscerli se mai vi capiterà di passare di qui, anche se probabilmente a voi non diranno nulla, e ve ne creerete magari di nuovi, oppure di questi tempi non sentite gli odori e vi fa piacere immaginarvene alcuni; comunque sia, iniziamo:

1. gli spazi chiusi di Uppsala, se sono vecchi e di legno, hanno un lo stesso odore preciso e inconfondibile, che sa di zuppa di patate e panna acida misto al profumo del legno stesso, basso e aromatico, di sandalo; è incredibile, lo so, ma è davvero una costante: la mia vecchia casa/scantinato aveva questo odore, ed è lo stesso che sento ora nell'androne delle scale;

2. Subway in stazione sa di origano di bassa qualità, ed é l'odore che associo al treno e a Stoccolma, perché quello é il mezzo che uso per andarci  - dovrei provare in bicicletta;

3. il profumo caldo di cera e candele, con una leggerissima nota di incenso, della chiesa cattolica di S. Lars, che aleggia per tutta la via;

4. il mio dipartimento ha un particolare odore di sapone, lilla/azzurro e rotondo, un po' ombroso, che veniva usato anche da mia madre a scuola, in particolare un'estate, perché mi rimanda costantemente a quelle aule, nei giorni di gran sole, nei quali erano dense di caldo, per via delle tapparelle chiuse da settimane e i pensanti mobili di legno di fine Ottocento;

5. l'odore dell'aria fredda e pulita, che ricorda quella della montagna ma é diversa, perché porta in se l'ampiezza della pianura, l'enormità del paesaggio svedese che non porge nessun ostacolo all'occhio che lo osserva: mentre inspiri sei pervaso dalla consapevolezza che quel freddo non viene da una giovane cima delle Alpi, appuntita e vigorosa e piena di baldanza, ma dalla Lapponia, seduta sulla sui suoi anni, indistruttibile, vecchiaia venerabile.

(Non sapevo assolutamente come collegare la ricetta a quello che avevo voglia di scrivere - come sempre, in pratica; ho deciso di non fare nessuno sforzo e di mettervi semplicemente il link al video, tanto é carino e loro sono svedesi, quindi top; se volete rendere il tuto vegano, come ho fatto io, sostituite ogni uovo con tre cucchiai di aquafaba e siete a posto.)

 

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