Cari amichetti.

 Penso che per molti di voi questo messaggio sarà una sorpresa, perché sono pochi quelli che sono abituati a leggere queste pagine (credo tre persone, tipo - forse quattro, valà). Però, tada! Ecco a voi il mio blog di cucina. Esiste dal 2012, e lo aggiorno da allora senza una regolarità, un po' quando pare a me. Non ho mai detto praticamente a nessuno di questo posto semplicemente perché me ne sono sempre vergognata. Penso di avere una giusta visione di me stessa, lievemente sotto il vero forse, ma non ho tendenze allo sminuire i miei pregi, i miei talenti e le cose che faccio: se capita, è solo la normale falsa modestia che ti permette di vivere in mezzo agli altri, senza malizia, e di non essere etichettato come superbo. Tutto questo per dire che mi sento sufficientemente sincera quando dico che non sono una blogger particolarmente brava: non sono una grande scrittrice e di certo non sono una grande fotografa; nonostante ciò, però, è una cosa che mi piace fare e ho sempre continuato a farla, solo senza dire nulla a nessuno perché non volevo far vedere un lato di me che non fosse capace di eccellere in una passione. Scusatemi, spero possiate perdonare questa brutale sincerità, ma davvero la pensavo così, ed è utile esporre tutto senza veli per evidenziare ancora di più ciò che è cambiato. Perché se voi state leggendo queste righe, devo essermi decisa a fare coming out, e qualcosa dev'essere cambiato. Ma che cosa? 

Ci ho pensato un po', una sera a passeggio tra queste case qui sopra, e ho pensato che ci sono due motivi sostanziali, una causa scatenante e una causa profonda. Partiamo dalla prima e più semplice: il casus belli è stato il mio trasferimento in Svezia. Ci sono tantissime cose belle qui che vorrei condividere con voi e, dopo un po' di struggimento, ho realizzato che questo potrebbe essere un ottimo strumento per farlo. Ma questo implica che io in qualche modo sia contenta di avere un posto come questo, e desideri farne partecipi gli altri. Da dove nasce questo? Dal secondo, e più profondo, motivo: grazie a certi amici che ho incontrato un po' di tempo fa, e al bene che questi mi hanno voluto e mi vogliono - ma non solo loro eh, anche tanti nuovi, in cui riconosco lo stesso modo di guardarmi e guardarsi - io comincio a sorridere con tenerezza di tutte le cose buffe che compongono la mia persona, invece che rifiutarle e vergognarmene, perché vedo che nessuno smette di volermi bene se scopre questi lati di me. É un processo lungo e faticoso, e tocca con lentezza cose serie e cose meno serie, ma mi sembra proprio che piano piano potrà arrivare ad abbracciare ogni cosa, se gli lascio spazio. In questi giorni é arrivato qui e ho pensato di provare, e vedere se crolla il mondo ora che sapete questo mio segretone, oppure se può essere un'occasione per goderne ancora di più. Una cosa molto piccola, rispetto a tutto quello che non mi piace di me, ma penso potrebbe educarmi tanto.

Arrivati a questo punto, tanto per contraddire me stessa, ho delle raccomandazioni da fare. Poiché però non posso controllare il tuo operato, amico lettore, e soprattutto poiché so che l'autore non ha più alcun potere sul proprio testo una volta che lo ha pubblicato, in qualunque modo vogliate intendere questa operazione, io posso solo condividere con te le mie preoccupazioni, e tu puoi scegliere cosa fare, e rimangono fatti tuoi. Per prima cosa, sappi che mi vergogno molto di certe cose che ho scritto anni fa, e vorrei spingermi fino al punto di chiederti di non andare troppo indietro nel leggere questo blog; so, di nuovo, di non avere davvero il diritto di avanzare questa richiesta, e forse ti sto anche incuriosendo: perciò, se proprio non puoi fare a meno di scorrere l'archivio, abbi pietà di quella Micaela piccolina che non sapeva bene gestire la vita - non che ora io sia migliorata molto - e ricordati, appunto, che ero molto giovane. Secondo, non sono sicura di essere ancora pronta a fare un coming out totalmente pubblico e privo di distinzioni; voi che state leggendo queste pagine siete ancora una selezione di amici e, benché sia tutto vero quello che vi ho detto finora, forse ho bisogno di ancora un po' di tempo. Di conseguenza, se vuoi condividere qualcosa con qualcuno perché per te é un contenuto bello e valido, ci sta, mi fido del tuo giudizio, ma non espormi al pubblico ludibrio; piuttosto, se non ti piace quello che leggi, smetti subito e continua a volermi bene così, senza ricette. Fine. Chiudo il capitolo sulle mie paranoie.

Eh bon. Se siete una delle tre/quattro persone che leggono questo blog, sapete che non so gestire il collegamento tra quello che avevo voglia di scrivere e la ricetta; oggi non sarebbe stato diverso dalle altre volte, se non che c'era la ricetta di questa torta ad aspettare, e alla fine è quello che vi cucinerei se questo fosse un posto fisico e io vi stessi accogliendo di persona. Potreste rifarla, mangiarla e pensare a me. Solo che in Italia non troverete mai del rabarbaro ad un costo ragionevole, perciò tutto il mio bel proposito di comunione e legame e blabla si è smontato da solo. Però ok, penso potrebbe andare con ogni tipo di frutta, soprattutto se un po' asprina.  

La torta che ho pensato per voi é una galette, termine francese derivato dalla parola normanna gale, "torta piatta"; tenendo a mente l'etimologia, notiamo infatti che tutte le preparazioni chiamate galette, anche se molto diverse tra loro (la crepe salata per esempio si chiama così, ed é stra buona, come qualcuno si ricorderà) sono tutte accomunate dall'avere una sorta di guscio, che abbraccia un ripieno ed é sostanzialmente piatto - può essere che la cottura crei dello spessore (pensiamo alla galette de Rois, dove la pasta sfoglia si gonfia e crea un bordo), ma questo é decisamente marginale nella galette. La versione dolce é una torta di frutta, e per realizzarla partiamo dalla frolla, per la quale ci servono 125g di burro (anche vegetale), 250g di farina e due cucchiai di zucchero: facciamo assorbire il grasso alle polveri lavorando con la punta delle dita; quando abbiamo delle briciole cicciotte, aggiungiamo 2/3 cucchiai di acqua fredda e impastiamo fino ad ottenere una pasta liscia, che stendiamo in un disco o un quadrato di 3/4 mm di spessore - la forma non é essenziale, perché poi i bordi verranno ripiegati sul ripieno; poi vogliamo una crema, e la mia é alle mandorle, molto facile, si fa come una besciamelle: tostiamo 5g di farina di mandorle in 5g di burro fuso e poi aggiungiamo 50ml di latte (anche vegetale, per esempio il mio era di avena); quando la crema si sarà addensata, togliamo da fuoco, incorporiamo un cucchiaio di zucchero vanigliato e due cucchiai di yogurt (il mio di avena again) e aspettiamo che si raffreddi un pochino, per poi stenderla al centro della nostra buccia, coprendone circa 2/3. Ultimo strato, la frutta: in generale, vi servono circa 300g di quel che vi pare, da lavare, mondare e tagliare a pezzetti; potete tentare con il rabarbaro, o con quel che volete - adesso continuo a pensare che in Italia dovrebbero esserci le ciliegie, che tra l'altro sono molto buone con le mandorle, ma anche mele, fragole, un misto di frutti di bosco - mi raccomando solo di disporre i pezzettini di frutta sopra la crema in modo bellino. Ora ripiegate i bordi sul ripieno e spennellate la crosta con un pochino di latte; in una ciotola mescolate un cucchiaino di zucchero con uno di farina di mandorle, e cospargete questa polverina sulla vostra torta. Infornate in forno statico caldo a 180 gradi per 40/45 minuti, o comunque finché la pasta non é dorata sui bordi. E basta. Mangiatela e siate felici.

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