Raviolario italiano - maggio.

Suuuuper al limite questo mese! Ma sono così stanca e così affaticata, che non ho quasi voglia di fare nulla. È un momento così - cerchiamo di essere gentili con noi stessi.

Questa cosa di fare una pasta ripiena diversa ogni mese si sta rivelando abbastanza complicato, perché alla fine si assomigliano tutte - e non sembrano esserci molte ricette nel sud Italia, vero? Però poi ho pensato che alla fine, il fatto che preparazioni o ingredienti si ricorrano e richiamino tra le varie regioni é anche una cosa super interessante: ci dice che i confini culturali sono tracciati con la penna da uno seduto al tavolino, ma non per forza rispecchiano la realtà dei luoghi, e che alla fine le cose sono più complesse e variegate di quello che sembrano. Allora mi sono decisa a scegliere questi ravioli del Trentino-Alto Adige, i cajincì te nega-cancì, un piatto della tradizione ladina, che appartengono alla famiglia dei casoncelli e si condiscono con burro e papavero - e questo ci dice che vengono dall'area delle Dolomiti, per la somiglianza con la ricetta di Cortina di Ampezzo che abbiamo preparato a febbraio - ripieni di buona ricotta di malga e spinaci al vapore, quindi un piatto da primavera - e il ripieno é simile a quello di tanti altri ravioli, perché le cose di stagione sono quelle e quando ci sono le si usa per bene ovunque. E poi visto che siamo in Trentino, ci troviamo della bella farina di segale che li rende scuri e ruvidi e uguali a nessuno.

Per la ricetta, visto che ho esaurito le energie in questa sentitissima apologia delle influenze culinarie, vi lascio il link al sito in cui l'ho trovata - anche perché veganizzarla é stato questa volta fallimentare, soprattutto nella sfoglia, mentre il ripieno con la nostra ricotta di anacardi ci stava. Ciao!

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