La mia vita con una rola - live edition. Di montagne, frutta e carni particolari.

E quindi alla fine il cambiamento climatico mi ha portato a comprare un biglietto per Bogotá. Ok, il cambiamento climatico e l'amore per la mia amichetta Juli, ma questo dobbiamo dirlo a bassa voce perché la mia natura affettiva disfunzionale non ammette manifestazioni di affetto di media/grande portata. Comunque, sono qui, seduta al tavolino d'ingresso ricoperto di macramé della abuela Julia, con un vento fresco che entra dalle finestre alla mia sinistra, da cui si vede l'elemento che più mi ha sconvolto questa prima settimana di permanenza nella capitale della Colombia, ovvero, le Ande. Non mi capacito che quelle alture verdi che spuntano tra i palazzi, con le quali i bogotani si orientano per muoversi in città, sono la Cordigliera Orientale delle montagne più affascinanti del mondo, e io ci sto abitano sopra, ai 2582 metri di altitudine che sento tutti ogni volta che provo a salire le scale a piedi, Juli affretta il passo, o faccio dieci minuti di yoga al mattino e mi trovo senza fiato come neanche durante la prima gita in montagna della stagione, durante la quale "si deve spezzare il fiato". Le Ande me lo tolgono definitivamente, e sì perché non ho sufficienti globuli rossi, ma anche perché sono stupende al di là di ogni immaginazione. Dalle finestre delle due case che frequento, quella di Juli e quella della nonna, si vedono in tutto il loro splendore, stagliate contro un cielo profondissimo anche quando é nuvoloso, a volte incappucciate dalla nebbia che le rende un mistero, a volte brillanti di sole smeraldo, con il quartiere della Mariposa che ride di colore proprio come una farfalla vera appollaiata sulla montagna. Non avevo davvero mai realizzato che Bogotá fosse sulle Ande fino a che non le ho viste dal vivo, poi ho letto su uno schermo in un pullman che il nome della città viene dal Chibcha Bacatà, Signora delle Ande, e ho deciso che se mai avrò una figlia con una persona colombiana, di secondo nome farà proprio così, visto che é troppo tardi per averlo io.


Come ho detto, le montagne sono il punto di riferimento con cui ci si orienta tra las calles e las carreras: le prime vanno da est a ovest, e quindi se si sta camminando per una di queste ci si trova le montagne davanti o dietro; las carreras invece vanno da nord a sud, e perciò con le Ande a destra o a sinistra; tutte le vie sono numerate e con questa manciata di informazioni non ci si perde più - immagino non ci abbiate capito nulla, nemmeno Juli che legge, perché lei lo spiega in un modo un po' diverso da questo e così si confonde, ma un giorno verrete qui con questi appunti e tutto vi sarà chiaro. Non che poi io vada in giro molto da sola - sono autorizzata solo entro i confini del barrio, ma non mi azzardo troppo perché tutti mi indicano punti di riferimento che a me sembra si spostino ogni giorno da qualche altra parte, e mi spiace perché vorrei andare da sola a cercarmi quegli alberi dagli strani fiori rossi e penduli dove abitano i colibrì la mattina presto, ma non sono sicura di riuscire ad arrivarci né a tornare poi indietro - vari membri della famiglia mi dicono "é tutta dritta", ma mi sembra che abbiamo un concetto di dritto diverso da quello europeo, o forse il problema sono io piuttosto che un'intera nazione. Ho preso in realtà il pullman da sola una volta, ed é miracolosamente andato tutto liscio nonostante io abbia avuto la brillante idea di rivelarmi come straniera rispondendo in inglese ad una signora che mi ha chiesto indicazioni. Non mi lamento particolarmente della mia condizione, perché sono davvero felice di vivere la vita della mia amica (letteralmente, perché lei é al lavoro e io dormo anche nel suo letto mentre lei sta sul divano - ups), stare con la sua famiglia e assaporare la vita quotidiana colombiana delle persone attorno a loro, e l'accento va sulla parola "assaporare". Non credo abbiate idea di che cosa sia la frutta in questo paese - non solo non potrò mangiare più un mango della Svezia - già é triste solo dirlo, no? - ma la mia mente si é espansa in modo irreversibile quando ho assaggiato una freijoa, un piccolo palloncino da rugby verde che sembra un avocado quando lo mordi ma poi sa di fiori e limone allo stesso tempo, per non parlare poi dell'anon e della guanabana e della guayaba - che sono due cose diverse anche se dal nome non sembrerebbe e la guanabana quando la pulisci dai semini sembra che stai sfilettando un merluzzo. E poi questa frutta non é che la mangi e basta, soprattutto a colazione - abitudine che vorrei mantenere ma appunto come fai in Svezia? - ci fai altre cose, tipo un incredibile gelato maracuyá e cioccolato che mi sogno ancora, o la marmellata per il roscon - a cui torneremo - ma soprattutto dei succhi stupendi che abbini al pasto come un italiano abbinerebbe il vino o Juli la birra - le mie papille gustative producono ancora acquolina quando penso alla curuba con leche o a piña, jengibre e hierbabuena. Il maracuyá, che qui non vedete ma vi assicuro che non é il frutto della passione, é la mia nuova recente cosa preferita, soprattutto da quando l'ho mangiata tra due cialde sottili assieme all'arequipe in un dolce chiamato oblea che mi ha fatto volare.


Un aspetto fondamentale delle giornate in famiglia é ovviamente quello culinario e il pasto che mi fa volare ogni giorno é la colazione, soprattutto per il fatto che varia spesso ed é fatta anche da cose salate - quindi ve ne beccate una bella carrellata, assieme quell'altra meraviglia che si chiama corrientazo, ovvero il pasto base per il pranzo, composto da una sopa e dal seco, cioé verdure, riso cotto come si fa qui in Colombia, una proteina, e varie aggiunte simpatiche come platano, patate, avocado. Ogni giorno la zuppa é diversa, così come la combinazione di ingredienti del seco, e la mamma di Juli non si capacita che a me possa piacere così tanto una cosa talmente quotidiana, ma a me pare la migliore del mondo. Forse per questo motivo ogni tanto mi da un bocadillo come dolce, ovvero un rettangolino di marmellata di guayava che sembra cotognata, da solo, con queso, o in una versione incredibile farcita di arequipe.


L'altra cosa che comprende la mia vita colombiana sono passeggiate e gite alla scoperta di Bogotá e dintorni, la prima delle quali é stata nel quartiere di Usaquén. A parte aver scoperto che usaque é una specie di titolo per la gente, e lo vorrei anche per me, ho fatto il mio primo giretto in una zona super a ridosso delle montagne, con strade di case basse e colorate, salite verso conventi e scuole di mattoni rossi e alberi dai piccoli frutti rosa e mercati coperti con parti vecchie e nuove. Quel pomeriggio ho visto un tramonto incredibile, ho scoperto gli strani percorsi dei pullman di Bogotà, e che la luna all'equatore non fa la gobba a ponente o levante, ma a nord e a sud. Domenica invece siamo andati in gita di famiglia al Járdin Botánico di Bogotà, dove la mia passione per le Ande ha toccato il livello non plus ultra quando mi hanno fatto vedere una mostra fotografica di picchi e laghi ad altissima quota, irraggiungibili se non con il permesso e la guida delle popolazioni locali. C'era poi un roseto molto dolce, delle palme da cocco altissime con le cortecce tutte incise da ragazzini vandalici e che io ho abbracciato perché mi facevano tenerezza, una esposizione di bromelie alla cui famiglia appartiene anche l'ananas e io non lo sapevo, e il Tropicario, che contiene piante della zona del Chocò, dell'Amazonia e delle zone desertiche, le quali soprattutto mi hanno conquistato - un sacco di piante grasse e spinose molto buffe. Mi ci sarei persa in quel giardino, spiritualmente intendo, perché era molto rilassante e mi sembra che non possa accadermi niente di male quando ci sono alberi altri e ombrosi attorno a me. La gita gita però, quella del weekend, l'abbiamo fatta in un paesino poco fuori Bogotá, che si chiama Zipaquirá, famoso per la sua cattedrale di sale, una vera e propria chiesa con tanto di cappelle e via crucis, scavata e scolpita dai minatori all'interno delle cave di sale ormai inutilizzate; si arriva ad una profondità di circa 180m, e in alcuni punti la combinazione di luci e musica e sculture incavate mi ha commosso per la bellezza dell'effetto prodotto - altri sono delle tamarrate incredibili che comunque mantengono un certo fascino. La cosa che mi é piaciuta di più però, é stata la strada in macchina che abbiamo dovuto percorrere, in quella che Juli ha chiamato la sabana, il cui paesaggio era ovviamente predominato dalle Ande in tutta la loro maestosità, e io me le sono godute per bene. C'é stato anche un piccolo momento di shock culturale, nel quale l'autista del nostro taxi ci ha scaraventato davanti ad un ristorante con sette o otto camerieri che ci hanno praticamente rapito all'interno del locale, e fatto sedere ad un lungo tavolo decorato prontamente con una bandiera italiana e una colombiana; é stato tutto molto rapido e rumoroso, ero circondata da carne alla griglia e devo ammettere che ho avuto un piccolo momento di panico, mente Juli serena leggeva menu e ordinava piatti. Alla fine il cibo mi ha dato gioia e serenità come sempre - la bandeja paisa e i pataccone gratinati, ma pure le empanadas di carne con il lime e il succo di guayavana - e ho anche assaggiato un pezzettino della carne piú succosa che io abbia mai mangiato, quella del chiguiro, o capybara, un grosso e simpatico roditore cui vorremo bene anche perché davvero molto saporito - sì, ho assaggiato della carne.


Il chiguiro ci porta all'ultima serie di cose che vorrei condividere oggi, ovvero le carni strane che ho assaggiato, categoria azzeccata per raggruppare insieme una carne tradizionale e una no -  a parte che un colombiano si stranisce se si chiama "carne" il pollo, ma in questo caso é ancora meglio. Comunque, nella prima categoria rientra la lechona, un piatto di riso, ceci e carne di maialino cotta con un mix di spezie, con il quale poi si farcisce la pelle del maialino stesso. Già. Aggiungi un bel pezzo di pelle croccante, una piccola arepa di mais bianco - prossimamente l'approfondimento sulle arepas - ed ecco un piatto incredibile della zona di Tolima, perfetto per quando sei andato a messa alle sette del mattino e/o hai bevuto troppo la sera prima. L'ho mangiato e poi volevo morire, sia per il peso sullo stomaco che per la bontà del tutto, davvero notevole. Invece, nella categoria "una no", Juli come promesso mi ha fatto mangiare delle hormigas culonas, formiche ciccione fritte della zona di Santander, che scrocchiano come popcorn e sanno di formaggio molto salato - nel complesso, strano ma intriguing. E alla fine quanti europei possono dire di aver mangiato un formica?


È tutto per oggi! A presto per nuove fantastiche avventure - forse. Grazie Juli e grazie Ale per alcune delle foto qui sopra - le più belle. Ciao!

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