La mia vita con una rola - live edition. Villa de Leyva.

La puntata di oggi del nostro diario é dedicata alla gita che abbiamo fatto questo weekend - il piccolo pueblo di Villa de Leyva. Dovete pensare luce, polvere, bianco e panna e poco mattone, poi verde, verde fiori, verde alberi, verde scuro delle Ande,  le cui vette sono così vicine che puoi guardarle negli occhi. 

Il viaggio é cominciato con un tragitto in pullman di tre ore e mezza, nelle quali ho ascoltato la solita musica, visto un cavolo perché era completamente buio e praticamente senza luci sulla strada, ma percependo che stavano percorrendo come tornanti di montagna che sapevano di freddo autunno e bestiame, e mi sono stupita perché la gente quando deve scendere tra due fermate ufficiali, semplicemente dice "scendo qui, muchas gracias", e il pullman si ferma - ho sempre pensato che questo dovrebbe essere il sistema di funzionamento dei mezzi di trasporto pubblici: ci sarebbe qualche inconveniente con le tabelle temporali, ma ci sto lavorando per risolverlo. Comunque, quel che ho visto di Villa de Leyva la sera del mio arrivo mi ha ricordato Martinengo che mi ricorda sempre la Louisiana, ma non ho fatto in tempo a pensarci davvero che sono stata catapultata da un taxi su per una stradina ripida e alberata, per fermarmi di fronte ad un cancello aperto, e un uomo piccolo dai tratti indi e gli occhi azzurri, con una torcia in mano per non farci inciampare nelle pietre della sua strada di casa. Quest'uomo e il suo compagno saranno l'incontro più entusiasmante di Villa de Leyva, e il motivo per cui, nonostante io abbia passato più ore in casa loro che a visitare la zona, mi senta di aver fatto uno dei viaggi più ricchi di tutta la mia vita sino ad ora. 

La loro casa, é incredibile - tanto da meritarsi una dislocazione a sinistra - e mi ha sconvolto perché ricorda una domus romana - credo di aver conquistato un pochino i nostri ospiti quando ho indovinato questo modello. Ovviamente non ho potuto fare delle foto - a parte la piscina che flexo qui - e quindi proverò a descrivervela, anche come piccolo esercizio di scrittura per me. Vedi la casa, di rosa caldo con una torretta, nel giardino d'ingresso con piante di agave, feijoas e fiori tropicali, e raggiungi la porta d'ingresso con un battente a forma di leone, pieghi la maniglia ed entri: davanti a te si apre una corte interna come un atrium romano, con l'impluvio decorato da una piccola Venere di Milo al centro e piante verdi dalle larghe foglie agli angoli; l'illuminazione di notte fa sì che non ci si accorga quasi che la corte sia aperta, ma il cielo stellato spunta dagli angoli appena di guarda in su. L'ingresso é ampio, con una nicchia a sinistra con una poltrona per sedersi e infilarsi le scarpe, ed uno specchio per controllarsi al fine prima di uscire; delle scale a destra di pietra bianca portano alla torretta di prima, tutta finestre per le osservazioni astronomiche. Il lato del porticato che si apre davanti a te é il più lungo e largo, funge un po' da corridoio ed é delimitato a destra da un'ampia cucina con finestre sul giardino, nel lato dove si trova il forno a legna - quasi come se quel pezzetto, quando le finestre sono spalancate, non fosse altro che una continuazione della cucina stessa, la quale poi ha un'isola di marmo al centro, con i fornelli, le spezie e un piccolo lavabo, e dove ingredienti e piatti profumati si accumulano, attorno alle ore dei pasti. da qui tra l'altro si accede alla dispensa con la cantina dei vini, e ad una piccola sala da pranzo con un tavolo quadrato in perfetta simmetria, un lucernario di vetro colorato e ampie finestre su due lati con orchidee ai davanzali. Questo porticato del alto lungo costeggia cassettiere di legno scuro, maioliche nei toni del giallo e del blu, una camera matrimoniale per gli ospiti, e prosegue fino ad una gigantesca e magnifica terrazza, che potrebbe essere sulla costiera amalfitana se non ci fossero le Ande in tutta la loro gloria ad accoglierti e toglierti il fiato. il lato corto del porticato, parallelo all'ingresso, e costituito dalle vetrate della sala da pranzo, che conduce anche ad un salotto immenso di divani e tavolini e scale di legno che portano alle camere patronali del piano superiore. Gli altri due lati dell'impluvio sono di camere per gli ospiti, studioli e garage/ stazione dei pompieri - perché questo é uno dei lavori che hanno fatto i padroni di casa - e un muro decorato con un gigantesco e completo fossile di pesce. I colori di tutta la casa sono caldi, di pietra rossa e rosa, e terra di Siena, legno delle travi da cui pendono piccole lampade ad olio e candelabri di ghisa, mobili semplici scuri e vetri arcobaleno.  

Il paese di per sé é poi un piccolo gioiellino coloniale dove si passeggia tra piazze enormi, come la principál e la plazoleta del Carmen, vie di panna e alberi con conventi e chiese nascosti qua e là, e una piazza del mercato dove potete trovare tutta la frutta, le erbe e le arepas - a fra pochissimo l'approfondimento su questo mio nuovo ma radicato amore - che potete immaginarvi. Abbiamo mangiato il corrientazo di un posto nella parte alta della città, la cui sopa campesina conteneva le patate più piccole che io abbia mai visto, e poi dei dolci - tres leches e una torta al caffè e uchuva - che abbiamo digerito solo con l'agua aromatica alle erbe che vedete qui.

Questo specifico pomeriggio di merenda si é concluso con la risalita verso casa dei nostri amici a bordo di un pulmino piccolino pieno di campesinos, me e Juli - mi sono sentita del tutto l'alta turista bionda dagli occhia azzurri che sono. Arrivate a destinazione ci siamo messe in piscina perché ce lo meritavamo. Tutto il weekend invece é finito nelle solite tre ore e mezza di pullman di ritorno, ma questa volta c'era luce e ho potuto confermare la mia impressione di autunno freddo e bestiame delle stradine di montagna.

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