Pan dei morti




Come ho già detto, questo è il mio periodo dell'anno preferito. L'autunno, ottobre inoltrato, e mi va bene anche che siamo passati a novembre, il grigio, nebbioso e marrone novembre. Questi giorni di passaggio mi affascinano oltremodo, toccano in me corde ancestrali di rispetto e fascino per i morti, l'antico, il tempo che passa e mi tocca. Ogni cosa ha il suo tempo e ogni cosa ha il suo fascino, anche la fine. Non mi stupisco che ci siano così tante feste e così tanti riti in questo momento di passaggio, e non c'è bisogno, secondo me, di cercare di collegarli tra loro, di sminuire le celebrazioni religiose sbandierando riti pagani, né di aver paura di queste leggende solo perché diverse da ciò a cui siamo abituati: alla base c'è sempre lo stesso identico desiderio dell'uomo di essere connesso con chi c'era prima, di rispettarlo e di ricordarsi che un giorno anche noi saremo così, e di celebrare la natura che muta ogni anno nello stesso modo, muore e poi rinasce e non fa paura.

Davvero è incredibile il numero di celebrazioni che accompagnano questi giorni. Soprattutto al Sud (ma non solo), molte tradizioni hanno a che fare con maschere, zucche e pegni da riscuotere porta a porta, tanto che chi guarda disgustato Halloween dicendo "non è roba nostra" potrebbe almeno leggersi la pagina di Wikipedia dedicata all'argomento (e poi la bibliografia in nota, molto ricca), scoprendo così davvero tantissime ricorrenze molto simili a quella americana. Poi, certo, c'è molta trovata commerciale, e vi ho già parlato delle mie riserve sull'argomento ma, as I said before, è sempre lo stesso bisogno che viene celebrato in modi stupendamente vicini. 

Detto questo, noi in Lombardia festeggiamo Ognissanti, il 1 novembre. Quella O grande come la luna e opaca e grigiolina di nebbia e di ossa, che risuonano nella mia testa per via delle due ss. Il prete della piccola chiesa di Valverde ha appeso alle croci sui pilastri degli enormi poster piuttosto vecchi, ognuno con una grande immagine di uno scheletro intento a fare qualche normale attività, oppure nascosto dietro ad un ladro, una monaca, un uomo normale. Un memento mori di difficile collocazione temporale, corredato da simpatiche frasi come "Oggi a me, domani a te". I pastori portano le greggi nei pascoli, le bestie in transumanza, e stazionano sulle colline, poi nel prato vicino al campo da calcio. Mia madre stamattina, mentre passavamo di lì alle sette del mattino, con tutte le pecore tranquille a dormire o brucare l'erba, mi raccontava che quando facevamo quella strada per andare all'asilo, più di vent'anni fa, mi diceva "vedi, inizia l'autunno; quando le rivedrai inizierà la primavera". Ecco, sempre giorni di passaggio. Durante la sua infanzia invece, Ognissanti era giorno di grande festa, e così pure il 2 novembre, mentre ora passa un po' in sordina (anche se ce ne dev'essere stato qualche retaggio nella mia di infanzia, perché io penso sempre di stare a casa qualche giorno e non è mai vero). Ne è rimasta traccia solo nel fatto che ci sono dei dolci tipici per la festa dei morti, e i dolci mica si facevano tutti giorni: preziosi speciali per giorni speciali. Il mio preferito, e anche quello più tipico delle mie zone (coincidenze?), è il pane dei morti, un biscotto morbido e molto profumato, scuro e aromatico, pieno di frutta secca e vino dolce. Un gusto piuttosto adulto che ho imparato ad apprezzare e che mi fa impazzire perché non mi piace completamente: quest'ultima considerazione, non mi piace completamente, è una cosa di cui mi sto accorgendo negli ultimi tempi, e che devo analizzare meglio, con più attenzione. Intanto, prendetevela così.

La ricetta che vi darò fra poco è sostanzialmente quella de La Cucina Italiana - il fatto che si chiami così fa sì che nella mia testa essa divenga in automatico la massima esperta di ogni ricetta del Bel Paese, perché mi piacciono le cose ordinate e ufficiali. Veganizzarlo è stato facilissimo, visto che l'unico ingrediente animale presente sono gli albumi, semplicemente sostituibili con la magica aquafaba; in questo caso la dose corretta è stata presa dalla ricetta di Vegolosi, che usa 45g di liquido, e così abbiamo fatto noi. Infine, mi sentirei di farvi solo due piccole note di metodo: 1. usate biscotti molto buoni, soprattutto se siete vegani perché, diciamocelo, i biscotti veg fanno abbastanza schifo; io ho usato dei biscotti tipo digestive, senza derivati animali ovviamente, che sono stupendi già da soli, quindi non possono fare altro che rendere buonissima la nostra ricetta; 2. usate un vino bianco di qualità; non dico di aprire la bottiglia migliore per fare il pan dei morti, però, a parte il fatto che comunque potreste bervela nel mentre, magari non usate quello in cartone del discount; vi assicuro che questo fa la differenza tra un biscotto buono e uno strepitoso, e noi vogliamo solo il meglio. Detto questo, eccoci qui.

Cominciate sbriciolando meglio che potete 250g di biscotti secchi (vedi sopra). Versateli in una ciotola capiente e aggiungete 100g di farina 00, 130g di zucchero di canna, 1 cucchiaino di lievito per dolci vanigliato, 1 cucchiaio di cacao amaro, 1 cucchiaino abbondante di cannella, 50g di mandorle pelate, a pezzetti, 50g di fichi secchi a pezzetti, 100g di uvetta ammollata e strizzata. Amalgamate bene gli ingredienti secchi, poi aggiungete 45g di aquafaba e impastate usando il vino bianco (vedi sopra) per raggiugere una consistenza da impasto di biscotti, ovvero piuttosto morbida ma densa, non liquidina. Ora formate i vostri biscotti allungati e un pochetto appiattiti, disponeteli su una placca con carta forno e cuocete in forno statico a 180° per 30 minuti. Lasciate raffreddare e spolverate con zucchero a velo.

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