Risotto alla zucca e cioccolato fondente

Stamattina sono andata all'ufficio dell'anagrafe del comune di Bergamo per rinnovare la carta d'identità. Ovviamente il primo appuntamento disponibile era nel distaccamento più lontano da casa mia, e io ieri sono caduta - per la terza volta quest'anno -, quindi non è stato per niente scontato arrivarci tutta intera e abbastanza in orario. Il lato positivo di tutta questa faccenda è stato che la strada che dovevo percorrere è davvero bellissima: via Borgo Canale, che da dietro porta S. Alessandro in Città Alta arriva fino al quartiere di Loreto. 

Voi saprete appunto che la mia città è composta da una parte vecchia, in alto sui colli, e dalla parte moderna sulla pianura. Quando i bergamaschi cominciarono a scendere giù dalla città romana, lo fecero in cinque direzioni diverse, creando cinque borghi che, visti dall'alto, sembravano formare le dita di una mano, con il palmo in Città Alta. Il pollice di questa invisibile mano da gigante era proprio Borgo Canale, un nucleo abitativo attestato già dal IX secolo d.C. e chiamato così per la presenza dell'antico acquedotto romano; si sviluppa ad occidente della città vecchia, inerpicandosi lungo i colli che dall'altra parte declinano nella valle di Astino e, per questo motivo, non c'è mai stato lo spazio sufficiente per espandere e modernizzare il borgo: è ancora una lunga arteria acciottolata con case antiche e ripide scalette che, perpendicolari, salgono e scendono di qua e di là. In alcuni punti si apre un buco tra le case, la strada curva, ed ecco un bel vedere mozzafiato sulla città in basso, le piscine e il vecchio ospedale. Quando ero piccola, andavo a lezione di nuoto proprio in quello stabilimento; quando uscivo c'era buio e le colline di fronte a me, nere con poche lucine, mi ricordavano la Grecia. 

Le case di Borgo Canale sono bellissime. Alcune sono piccole e strette, altre delle vere e proprie fattorie, tutte godono di un panorama incredibile, molte hanno un giardino, di solito sviluppato in lunghezza, un terrazzamento sulle colline. Ce n'è uno verso il fondo della via che mi piace particolarmente: è piuttosto grande, nonostante la posizione, e piuttosto incolto, che a dicembre significa un gran groviglio di rami scuri da cui si intravedono il verde quasi nero del prato e i marroni delle foglie morte. In questa stagione, ci sono solo due alberi che danno frutto, entrambi molto belli: il melograno, con le sue grosse sfere rosse e coriacee che sembrano  gemme longobarde, e, soprattutto, l'albero di caco, il mio preferito, i rami scuri dritti verso il cielo, che non si piegano sotto il peso di quei frutti così rotondi e gonfi, dei quali puoi percepire solo a guardarli la buccia sottile e la polpa gloriosa che li riempie fino quasi a scoppiare. Gli alberi di cachi sono dappertutto nella Pianura Padana e sono un gioiello bellissimo, una beffa alla legge di gravità. Ecco, quel giardino stamattina, così selvaggio, aveva i due alberi di cachi più grandi che avessi mai visto. Dico sul serio eh, erano enormi, altissimi; i frutti più in cima difficilmente sarebbero stati raccolti anche da qualcuno munito di scala, e infatti erano tutti lì, anche quelli più in basso, a marcire e poi cadere nel giardino scuro. Edgar Allan Poe avrebbe potuto scriverci un racconto.

All'inizio oggi pensavo di condividere un'altra ricetta, ma questo risotto si adatta di più al clima un po' malinconico che pioggia, racconti e foglie morte suggeriscono, e anche al rifugiarsi in casa al caldo e al consolarsi dedicando del tempo ad una cosa buona. Inoltre, i colori sono proprio quelli del mio giardino, l'arancione della zucca e il nero del cioccolato; mi raccomando di scegliere quest'ultimo eticamente, di qualità e molto fondente - io ho usato un 90% - per far risaltare il contrasto tra dolce e amaro.

Cominciate tagliando a fette 250g di zucca tipo mantovana, senza sbucciarle: disponetele su una teglia con carta forno, conditele con dell'olio d'oliva e infornatele a 200° per circa 20 minuti, fino a quando riuscirete a togliere bene la polpa dalla buccia con un cucchiaio: molto più semplice che sbucciare la zucca con il coltello, e in più la cottura al forno le conferisce un sapore più corposo e nocciolato che è davvero perfetto per un risotto. Mettete quindi tutta la polpa in una ciotola e tenetela da parte. Tritate mezza cipolla bianca e fatela appassire in una padella con un filo d'olio; quando la cipolla è trasparente, aggiungete il riso (due pugnetti a testa e uno per la padella), mescolate e fatelo tostare; quando è trasparente e caldo, sfumate con mezzo bicchiere di birra bionda, lasciate evaporare l'alcool e cominciate a nutrire i chicchi con un brodo di verdure. Quando il riso vi sembrerà quasi pronto (diciamo a 3/4 della sua cottura), aggiungete la polpa di zucca, mescolando e schiacciando un po' per rendere tutto cremoso. A cottura ultimata aggiustate di sale, spegnete il fuoco, mantecate con una noce di burro di soia e lasciate riposare per qualche minuto. Impiattate e servite con una generosa grattugiata di cioccolato extra fondente, direttamente sul piatto, altrimenti vi si scioglierà tra le dita. 

Commenti

Post più popolari