La mia vita con una rola - ricette edition.

Avevo questo post in attesa da luglio - non scritto, solo nella mia testa - e aspettavo il momento giusto per fermarmi a scriverlo. Ora che la Colombia sta bruciando per via delle alte temperature e del Niño, mi sembra opportuno non solo ricordare le meraviglie che ho vissuto, ma anche far sentire la mia voce e il mio supporto al paese e alle persone più accoglienti del mondo. So che suona un po' ridicolo, visto che questo spazio é letto forse da cinque persone al giorno, ma so che qualcuno c'é, e ti posso dire "ehi, leggi cosa sta succedendo, vedi come puoi aiutare! Se vuoi, posso tenervi aggiornati sulle iniziative che stiamo cercando per dare una mano". In generale, é davvero una richiesta di attenzione alla situazione climatica globale, che non cambierà da oggi a domani perché spegniamo l'acqua della doccia quando ci insaponiamo i capelli, ma sicuramente migliorerà di giorno in giorno se costruiamo la nostra consapevolezza. 

Detto questo, puoi cucinare una delle meravigliose ricette qui sotto per avere un piccolo assaggino di quanto sia meravigliosa la Colombia. Ci ho messo così tanto tempo perché ho voluto ricreare i vari piatti a casa, con quello che si trova qui, e devo dire che il risultato mi ha lasciata molto soddisfatta. Le foto che vedi sono invece dei piatti originali che ho cucinato insieme alla Lina a Bogotà, ma ti assicuro - giuringiurello - che ti usciranno uguali ma uguali, si si si. Ecco quindi tre ricette, più un bonus speciale.

I. Margaritas esotici.

Allora, ecco, giusto per smentirmi, questi non ho provato a rifarli. Ma perché sono delle memorie così belle che non é che me le posso rovinare con della frutta scadente, no? Ed é scadente, amici, anche l'avocado, quella rara volta che me lo prendo, non riesce a competere nemmeno dipinto con quelli meravigliosi che mangiavo in Colombia. Quindi. Andate in un posto dove potete trovare mango e/o maracuja (un'altra mia passione - con il gelato al cioccolato e poi non ti serve altro) fatti come Dio comanda, frullatene la polpa e filtratela con un colino. Poi preparate i margarita (sapete farlo no?), dosi per tre persone, aggiungi la polpa di frutta (io direi o lo fai di mango o lo fai di maracuja - ma se vuoi, mescolalo e chiamalo tropical e chi s'é visto s'é visto), shakera tutto e servi con lime e ghiaccio. E noccioline. Ah e prima il bordo del bicchiere lo devi bagnare con uno spicchio di lime e ricoprire di tajin - FON-DA-MEN-TA-LE il tajin. Ma nella vita proprio. Giusto per raccontarvela tutta, il mango margarita é una mia ossessione dovuta ad un ristorante thai di Stoccolma che li fa incredibili, ma la versione maracuja margarita si é sviluppata tutta in Colombia ed é forse ancora più buona.

II. Patacones.

Ora che sei un po' bevuto, é il momento di friggere. NO, sto scherzando, fallo da sobrio che l'olio bollente é pericoloso. Preparali per mangiarli insieme al margarita. Ti serve del platano verde non troppo maturo - io sono stata folgorata dalla sua presenza all'ICA e confesso di averlo comprato - proverei con una banana verde la prossima volta, giusto per vedere se funziona questa versione più sostenibile - che poi banane in Svezia ne crescono oh! sugli abeti guarda, e allora quella volta tanto vale, ma se vivi in Italia magari ti viene più facile. Oppure sei in Colombia e vieni da me per leggere come si fanno i patacones. In quel caso, caro amico, ti serve del platano verde non troppo maturo, dicevamo. Sbuccialo e taglialo a tocchi di 4/5 cm. Scalda dell'olio in un pentolino, abbastanza da coprire metà tocchetto, e quando é pronto, friggici i pezzetti di platano, dorandoli poco poco su entrambi i lati. Alla fine di questa operazione, fai raffreddare un paio di minuti e poi schiaccia il tocchetto di platano tra due taglieri, in modo da ottenere un disco; friggili di nuovo fino a doratura, scolali su carta assorbente e, se vuoi -  ma vuoi - condiscili con aglio in polvere e, soprattutto tajin, mentre sono ancora caldi. Buonissimissimi con tutto e, ovviamente, del guacamole.

III. Ajiaco.

E infine, con un bell'antipastino nello stomaco, ci possiamo addentrare nella lunga ma gratificante preparazione dell'ajiaco (per pronunciare correttamente il suono di <ji> pensate di essere un cucciolo di leone che soffia ad un nemico - così, ajiaco). La premessa fondamentale é che non riuscirete mai mai mai a riprodurlo uguale fuori dal Sudamerica perché vi mancano le patate, o meglio, la biodiversità delle patate che crescono in quelle terre: dovreste usare la pastusa, la criolla e la habanera. Io ho passato qualche ora a sbucciarle, e so che mi serve una patata grande e piatta dalla pasta chiara e una piccoletta gialla e compatta, ma non riesco proprio a visualizzare la habanera nella mia testa; comunque, é simpatico cercare di riprodurre queste caratteristiche con le patate di tua conoscenza - io per esempio qui in Svezia ho usato anche una patata dolce, e ci stava. Perciò procurati un buon quantitativo di patate, sbucciale, lavale e tagliale a fette. In una pentola capiente metti un trito di sedano, aglio, cipollato, peperone, carota e cilantro (di tutto questo, dosa con il tuo cuore); fai rosolare, poi acqua per il brodo, e qui ci va un bel pezzo di pollo - a mio avviso, dei buoni funghi possono funzionare: il sapore sarà diverso, ma sarà un buon sapore; io ho provato con il pollo, per vedere se riuscivo a rifarlo correttamente e per capire meglio che sapore e consistenza dovrei riprodurre in chiave vegetale, ma dovrei proprio riprovare con dei bei porcini. Fai andare il brodo con il pollo, ma usa il vapore per cuocere delle pannocchie tagliate a tocchi - un tocco a testa, e mettile dentro ad un colino che appoggerai sopra la pentola, se non hai un attrezzo adatto; attenzione a non far toccare il brodo al mais: questa accortezza infatti, di cuocere il mais separatamente, serve perché supponiamo che il tuo ajiaco non verrà servito, e soprattutto finito, subito, e se il mais fosse lasciato all'interno della zuppa, fermenterebbe e la rovinerebbe - qualora invece tu sapessi per certo che la zuppa sará servita e finita appena pronta, cuoci pure le tue pannocchie a tocchi dentro il brodo - ma io ti ho avvisato. Quando il pollo é cotto, toglilo, sfilaccialo in un piatto da portata, e mettilo da parte. Frulla le verdure nel brodo, e aggiungici le patate, partendo dai tocchi più grandi a quelli più piccoli - la mia fonte non é stata chiarissima sull'ordine di cottura delle patate, ma credo che l'importante é che siano tutte morbide alla fine - tieni controllato il mais, continua a sfruttare il vapore del brodo per cuocerlo, se serve. Quando le patate sono pronte, dovresti aggiungere una magica erba, chiamata guascas, e la sua assenza sarà il secondo motivo per cui il tuo ajiaco avrà un sapore un po´diverso - la mia meravigliosa fonte ha cercato di farmi partire con un sacchetto della suddetta erba nascosto nello zaino, ma abbiamo capito che forse forse poteva essere un'idea compromettente, e quindi mi accontento del cilantro. Qualsiasi erba tu abbia aggiunto, lascia cuocere ancora un po' e poi servi accompagnato con il pollo, il mais, dell'avocado a fette, altro cilantro, della crema di latte/panna/latte semplice e dei capperi - che in questa ricetta stanno una favola, io mi sento il sapore sulla lingua in questo preciso istante - e il riso alla colombiana*, che ora ti spiego come fare - per questo uno deve sempre leggere le ricette da cima a fondo prima di iniziare a cucinare! Se no ora ti trovi con un sacco di ajiaco pronunciato giusto ma nessun riso di accompagnamento, e, amico, é come avere il sugo alla fine del piatto di pasta e niente pane per fare la scarpetta! 

*Il riso lo fai così: rosola aglio e cipolla in un pentolino, con altre verdure se ti va, come peperoni e piselli, poi 2 porzioni di acqua, porta a bollore, 1 porzione di riso, e cuoci per assorbimento - in Colombia questo si prepara con un pentolino apposta e una sorta di piastra che diffonde uniformemente il calore del gas - credo che un fornello elettrico o ad induzione funzionino già bene da soli; quando il riso é quasi pronto,  aggiungi una goccia di succo di limone, che aiuta a sgranare i chicchi, poi crea dei buchetti con un cucchiaio, mettici dei pezzettini di burro, copri e lascia andare ancora un poco, a fiamma bassa, per creare la crosticina. 

Bonus - Las Arepas (con queso; y amor).

Vi ho già parlato del mio amore infinito per le arepas. Non ho imparato a farle in Colombia ma ne ho mangiate così tante da poter egregiamente dedurre la teoria dall'esperienza - o indurre? Non so. Comunque  penso di aver affinato la ricetta (mia) alla perfezione, questo é quello che faccio praticamente tutte le settimane e che mi fa piangere di nostalgia ogni volta. Prima di tutto dovete trovare la farina di mais precotta, quella che abbiamo usato anche qui, e che ha una signorina caraibica sulla buccia; io la trovo solo bianca, ma va bene anche gialla, ovviamente. Il pacchetto vi da istruzioni e proporzioni per le arepas, che sono 2,5 acqua : 2 farina con un pizzico di sale, mescolare e impastare per due minuti, lasciar riposare la massa che avete creato per circa 5 - la consistenza giusta é morbida e umida ma non bagnata e troppo appiccicosa, dopo qualche tentativo capirete da soli quale é; dopo i cinque minuti io aggiungo tanto tanto tanto formaggio (vegetale) grattugiato - quello che si usa in Colombia é morbido e compatto come un primo sale, e saporito sul versante della feta, ma voi scegliete quello che avete e via -  e lo incorporo alla massa impastandola di nuovo; formo dei dischi e li cuocio in una padella calda, dorandoli su entrambi i lati; infine, dispongo tutte le arepas su una teglia di carta forno e le cuocio a 180° per circa 10 minuti - questo serve a far sì che anche il cuore delle vostre arepas sia cotto per bene, al di là della meravigliosa crosticina di superficie; la temperatura non é essenziale, il mio consiglio, poiché é uno spreco accendere questo elettrodomestico solo per i 10 minuti di arepas,  é di prepararle quando state usando il forno per altro (noi in casa facciamo delle sessioni di forno in cui cuociamo tutto quello che ci viene in mente), e infilaci le arepas tra una preparazione e l'altra, o alla fine di tutto, sfruttando il tempo di raffreddamento in cui il forno per un pochino rimane ancora caldo. E fine! Se volete metterle via per i prossimi giorni, lasciatele raffreddare completamente e poi conservatele in frigo in un contenitore ermetico, e a me durano per tutta la settimana; si surgelano bene, poi basta lasciarle scaldare a temperatura ambiente e tostarle un pochino in padella, o anche solo in microonde, per sciogliere il formaggio. Sono cibo perfetto da hungover, come ho imparato a mie spese, e sono buone con tutto: un ovetto fritto se siete a Bogotà, o dell'hummus e delle verdure, altro formaggio, delle lenticchie, avocado e tajin, persino Nutella e frutti di bosco, se siete come me. Sono davvero orgogliosa delle mie arepas, e che esista qualcosa di simile nel mondo, quindi spero che ci proviate e vi piacciano! 

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