i biscotti di Giulia come le madeleines di Proust



Sono un po' sconfortata perché il mio computer non mi fa sentire le registrazioni delle lezioni di sanscrito, perché sto studiando un libro noiosissimo sulla storia della grammatica e delle grammatiche in Italia e perché non capisco ancora come tornerò a Bergamo lunedì, nell'ordine.

Sto contando i minuti che mancano all'ora della merenda e poi alla telefonata che devo fare alle 17. Mi scocciano molto i giorni così, in cui hai un po' di malessere esistenziale e arranchi da una cosa all'altra senza trovare veramente sollievo. In effetti, solo i momenti che sono in rapporto con qualcuno - per vari motivi - sono quelli che rialzano un po'. No, non è vero che mi rialzano, mi lucidano la vista, mi permettono di vedere più chiaramente, più acutamente. E noto che mia madre mi ha mandato una foto di una ranocchia chiedendomi se anche le mie in Svezia fossero così, solo per allentare la tensione della nostra ultima telefonata, e che qualcuno ha gareggiato con me in sarcasmo perché sa che è meglio non darmela vita, ma poi si è messo a caricarmi i suoi file su Google Drive per vedere se può essermi d'aiuto.

Beh, ho fatto merenda. Va meglio devo dire; ho fatto anche la mia telefonata, è passata un'intera giornata, ho fatto merenda di nuovo e invece di studiare la storia della grammatica italiana sono pronta a condividere questa ricetta, i biscotti di Giulia. Sono dolcetti a cui tengo moltissimo per due motivi, primo fra tutti il fatto che sono davvero davvero incredibili - sono seria, io faccio molta fatica a smettere di mangiarli, sono troppo buoni. Poi, sono sempre legati a ricordi importanti della mi vita, secondo me proprio in virtù del fatto che mi piacciono così tanto: se devo manifestare il mio affetto a qualcuno con del cibo, penso a questi biscotti.
Il primo ricordo cui li associo è Giulia, una mia cara amica che mi ha portato in alcuni luoghi davvero molto importanti per me, e ha dato una certa impostazione alla mia vita; per esempio, io ho fatto per anni la catechista e questi biscotti negli ultimi tempi accompagnavano sempre qualunque momento di saluti con i nostri bimbetti, a Natale, a Pasqua o a fine anno: Giulia li faceva sempre per me, perché sa che mi piacciono. Di conseguenza, mi vengono in mente i miei bambini, che ormai hanno 13 anni e perciò dovrei chiamare "ragazzi", ma mi stranisce troppo e dirò qui quella frase trita e ritrita che dicono sempre le mamme, ovvero "per me saranno sempre i miei bambini". Quasi un anno fa ho finito di seguirli, poi sono andata in Svezia e non li vedo da allora, ma mi mancano molto, soprattutto alcuni. E poi mi viene in mente anche la mia amica Juli che un anno si è beccata una scorta di biscotti avanzati dalla merenda di Natale e se li è mangiati in giro per una Lucca piena di lucine.
Altro ricordo fondamentale: sono i biscotti che ho preparato per salutare i miei amici della Svezia prima di tornare in Italia. A parte prepararli - cucinare nella mia "cucina" era un'avventura ogni volta -, era stata un'impresa trasportarli, perché dovevo andare a Stoccolma a salutare gli altri la stessa sera in cui ho tenuto l'ultima presentazione in Università, e avevo con me tutti i libri da ridare alla mia professoressa, il computer con il mio lavoro, il pigiama e il beautycase per fermarmi a dormire dai miei amici, tutte quelle cose come olio, sale, spezie, il pearl sugar - basic - che avevo avanzato ma non volevo buttare, e due scatole di questi biscotti. Ah, anche una scatola enorme di Ferrero Rocher per la mia prof - so che sto accumulando cose su cose, ma mi tornano in mente scene davvero esilaranti e che mi fanno nascere una sorta di timida nostalgia, per esempio per quel dottorando di cui non ricordo il nome che si sarà mangiato tipo sei cioccolatini con molta felicità sua e nostra. Ad ogni tappa di quella giornata lasciavo delle cose, un pezzo della mia vita - tranne il pigiama - e questi biscotti giallini non me li sono certo riportata indietro.

Per circa 15/20 biscotti.
Cominciate mettendo 120g di uvetta in una ciotolina, e bagnatela con 2 cucchiai di acqua e 2 cucchiai di succo di limone. Unite in una ciotola 220g di farina 00, 100g di zucchero, 1 cucchiaino di lievito, 80g di burro morbido,  la buccia grattugiata di 1 limone e 1 uovo. Mescolate bene, fino ad ottenere un composto malleabile con le mani ma morbido (può essere che dobbiate allungarlo con un goccio di latte, a me è successo), incorporate bene l'uvetta e il suo sughetto, poi formate dei mucchietti aiutandovi con un cucchiaino - ci guadagnano dall'essere irregolari, secondo me - e disponeteli su una teglia foderata di carta forno. Cuocete a 180° in forno già caldo per 10/15 minuti, finché non sono dorati.

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